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Oggetto viola

Minibond

I minibond sono un innovativo strumento di finanziamento per le aziende non quotate in Borsa. Con questo strumento le società possono reperire fondi dagli investitori fornendo in cambio titoli di credito in favore di chi desidera credere nel loro progetto. Le nuove obbligazioni studiate soprattutto per le PMI a caccia di liquidità sono facili da emettere, meno complicate e meno costose.

Le normative di riferimento sono contenute nel Decreto Legge 22 giugno 2012 n.83 (“Decreto Sviluppo”) e nelle successive integrazioni e modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012 n.179 (“Decreto Sviluppo Bis”), dal D.L. 23 dicembre 2013 n. 145 (piano “Destinazione Italia”) e nel più recente D.L. 24 giugno 2014 n. 91 (“Decreto Competitività”).

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Cosa sono?

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I minibond sono obbligazioni o titoli di debito a medio-lungo termine emessi da società italiane non quotate, tipicamente PMI, normalmente destinate a piani di sviluppo, a operazioni di investimento straordinarie o di refinancing. Permettono alle società non quotate di aprirsi al mercato dei capitali, riducendo la dipendenza dal credito bancario. Come tutte le obbligazioni hanno un tasso d’interesse riconosciuto sotto forma di cedola periodica, e una data di scadenza.

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Chi può emetterli?

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Il Decreto Destinazione Italia del 2013 stabilisce che gli emittenti devono essere società italiane non quotate, diverse dalle banche e dalle micro imprese (Borsa Italiana richiede che le società abbiano fatto certificare da un revisione esterno l’ultimo bilancio approvato). Il fatturato deve superare i 2 milioni di euro ovvero l’organico deve essere composto da almeno 10 dipendenti. Al di là di quanto statuito dalla normativa, va comunque sottolineato che il mini-bond non è uno strumento di supporto alle aziende in crisi ma un'opportunità di finanziamento sul mercato dei capitali per le aziende sane, con buone performance negli ultimi esercizi e con precisi programmi di crescita per i prossimi anni, che per motivi diversi decidono di fare a meno del credito bancario o, quantomeno, di integrarlo con strumenti di debito alternativi.

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Chi può sottoscriverli?

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La sottoscrizione di queste obbligazioni è generalmente riservata a investitori istituzionali professionali ed altri soggetti qualificati: banche, imprese di investimento, SGR, società di gestione armonizzate, SICAV, intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e le banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.  

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Chi lo ha già fatto?

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In Italia operano più di 10mila imprese con fatturato superiore ai 5 milioni e utili medi del 10 per cento e come tali sono pronte ad accedere a questo interessante mercato alternativo del credito. Al  31 dicembre 2016 l’Osservatorio sui minibond del Politecnico di Milano ha registrato 221 operazioni per un controvalore di 8,6 miliardi di euro. Rispetto al 2015, nel 2016 è aumentata la proporzione delle PMI, passando dal 48,3% al 73,9%.

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Il ruolo delle banche e gli attori della filiera

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Non è necessario appoggiarsi a una banca per emettere un minibond. La ricerca passa poi a identificare i diversi attori che stanno popolando il mercato dei mini-bond, affiancando imprese emittenti e investitori istituzionali (ricordiamo che i mini-bond non sono oggi accessibili agli investitori Retail).

L’advisor è un consulente destinato ad affiancare l’impresa nella decisione strategica iniziale, nell'analisi del business plan, dell’information memorandum e nella definizione di tempi e modalità dell’emissione. I consulenti legali si occupano di verificare gli aspetti formali e di compliance rispetto ai contratti e ai regolamenti o prospetti del prestito.

L’arranger si occupa invece del collocamento dei titoli sul mercato, individuando i potenziali investitori e occupandosi del ‘fine tuning’ rispetto alla definizione dei rendimenti offerti.

La società di rating è un altro attore di riferimento nell'emissione di giudizi indipendenti sulla solvibilità dell’emittente.

Numerosi sono anche i portali informativi e le iniziative implementate sul territorio nate negli ultimi mesi per diffondere la conoscenza dei mini-bond. Per il futuro si può immaginare, come sta già avvenendo in altri comparti del mercato del capitale, una progressiva disintermediazione che porterà gli investitori ad un contatto sempre più diretto con il mercato.

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Quali costi ci sono per aziende e risparmiatore?

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I costi per le società emittenti sono volutamente molto bassi, non essendo previste commissioni. In generale il costo si aggira tra l’1% e il 2,5% per l’emissione complessiva e l’eventuale quotazione del minibond: il costo annuale indicativo va da 5 mila a 15 mila euro. Con altri 20 mila euro è possibile farsi assegnare un rating dalle società specializzate: il rating, come abbiamo detto, non è obbligatorio ma il suo conferimento, specie se elevato, rende più appetibile l’emissione e consente alla società di indebitarsi a tassi più bassi.

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Componenti di costo

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· TASSO di INTERESSE (trimestrale/semestrale/annuale). Dipende dai tassi di mercato, dal merito di credito  e dall’eventuale rating dell’emittente, da eventuali garanzie richieste dall'investitore, dallo spread, dal premio per il rischio, dal premio per illiquidità e dalla natura del titolo.

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· COSTI LEGALI (una tantum): redazione del verbale relativo alla delibera di emissione, redazione del contratto di sottoscrizione dei minibond, validazione del term sheet, redazione del contratto di conferimento di banca agente relativi ai pagamenti sui minibond e  in caso di ammissione su ExtraMOT assistenza per l’eventuale processo di ammissione e per la redazione del documento di ammissione.

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·  Richiesta del codice ISIN

·  Business Plan (predisposto dall’emittente con l’aiuto di un Advisor)

·  Rating

· Gestione del sito internet e in generale dell’informativa richiesta dall’investitore e/o dall’eventuale borsa di negoziazione

·  Report informativo periodico

·  Fee di collocamento

· Corrispettivi per quotazione (€ 2.500 una tantum per l’ammissione e nessun corrispettivo durante la vita dello strumento).

 

Con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei minibond come strumento di finanziamento per le aziende non quotate in Borsa, il Governo ha adottato nel corso degli ultimi anni una serie di provvedimenti che hanno rimosso i limiti, fiscali e amministrativi, che finora avevano frenato la crescita del mercato. Ne è conseguita una graduale diffusione dei minibond e delle cambiali finanziarie anche tra le PMI più strutturate, per le quali Borsa Italiana ha creato un segmento ad hoc del mercato ExtraMOT dove poter negoziare i relativi titoli di debito.

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Chi può sottoscrivere un minibond?

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Il collocamento iniziale dei Minibond è riservato agli addetti ai lavori. Esiste una sorta di mercato secondario sul circuito ExtraMOT PRO, dove accanto ai minibond classici che i titolari decidono di scambiare si trovano anche minibond emessi da società più grandi che hanno deciso di approfittare dei minori vincoli.

Nel febbraio 2013 Borsa  Italiana ha aperto ExtraMOT PRO, un segmento professionale del mercato ExtraMOT in cui possono essere quotati project bond, obbligazioni, cambiali finanziarie e strumenti partecipativi. Su questo listino possono essere scambiati anche i mini-bond. Tecnicamente non si tratta di un mercato regolamentato ai sensi della Direttiva MIFID, ma di un ‘sistema di scambi organizzato’ (multilateral trading facility) attivo con una piattaforma di negoziazione elettronica, con procedure di settlement automatiche, e comunque eleggibile per tutte le operazioni finanziarie bancarie verso la Banca Centrale Europea. In tal modo si offre alle imprese e agli investitori la possibilità di cogliere ulteriori opportunità in un mercato secondario. ExtraMOT PRO è aperto alle emissioni di società di capitali, cooperative, assicurazioni, enti pubblici e loro controllate; ad esse viene data la possibilità di comunicare periodicamente con gli investitori, in modo trasparente e standardizzato.

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Costi di ammissione al segmento ExtraMOT PRO

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Il costo di ammissione per ogni strumento è particolarmente contenuto (€ 2.500 una tantum), indipendentemente dalla durata del titolo. Se il titolo è già quotato su altri mercati (dual listing) il corrispettivo si riduce a € 500. Non sono obbligatorie poi figure di intermediari previste in altri segmenti quali ad esempio il listing partner o il liquidity provider. La flessibilità deriva da requisiti di ammissione meno stringenti rispetto al mercato regolamentato MOT, aperto anche agli investitori retail.

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Rendimenti e rischi

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Le cedole sono molto interessanti, soprattutto in un momento come questo in cui le emissioni di titoli di Stato e big corporate bond offrono tassi relativamente bassi: i titoli attualmente scambiati sull’ExtraMOT PRO presentano un valore medio della cedola fissa per l’intero campione è pari a 5,13% (per gli strumenti in negoziazione al 31 gennaio 2017) , con punte che raggiungono il 7% per le ammissioni dal 1 gennaio 2016 e l’11% dal 2013. Come per altre tipologie di investimenti ad alti rendimenti corrispondono generalmente alti rischi.

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L’eventuale rating è certamente l’informazione principale che il mercato può avere circa il rischio di insolvenza dell’emittente. Si tratta infatti di un giudizio di merito emesso da una società autorizzata dagli enti di vigilanza rispetto alla capacità dell’emittente di ottemperare agli impegni previsti circa la remunerazione e il rimborso del capitale.

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